La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n°22867 del 15 settembre 2016, pubblicata in data 9 novembre 2016, chiarisce la natura della condanna dell’appellante soccombente al pagamento del doppio contributo unificato ex D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da una donna, ammessa al gratuito patrocinio, avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello della Capitale aveva dichiarato improcedibile il suo appello ex art. 348 c.p.c., ult. co., stante la sua mancata comparizione in prima udienza e in quella successiva e condannato la ricorrente al pagamento del doppio contributo unificato, nulla disponendo sulle spese del giudizio.
Ad avviso della ricorrente, infatti, detto provvedimento sarebbe risultato affetto da nullità in quanto il giudice dell’impugnazione:
- non avrebbe tenuto in considerazione il deposito di istanza di estinzione del giudizio per rinuncia, a seguito di accordo raggiunto inter partes, avvenuto due giorni prima dell’udienza di discussione;
- non avrebbe potuto in ogni caso condannare la ricorrente al pagamento di una somma pari a quella del contributo unificato, in quanto la stessa, essendo stata ammessa al gratuito patrocinio, non aveva versato il contributo unificato all’atto di iscrizione della causa.
Il ricorso viene trattato dalla Suprema Corte in Camera di Consiglio, con relazione da parte della dott.ssa Rubino, la quale:
- rileva la correttezza dell’operato della Corte romana, che aveva giustamente dichiarato improcedibile l’appello, stante il deposito di “…una dichiarazione di rinuncia, priva dei requisiti formali di cui all’art. 306 c.p.c. ed in primo luogo della notifica alla controparte, in un momento, precedente all’udienza, in cui la controparte avrebbe potuto ancora costituirsi” e la mancata comparizione delle parti all’udienza di discussione e all’udienza di rinvio;
- reputa invece illegittima la condanna della ricorrente al pagamento del doppio contributo unificato in quanto la stessa, essendo stata ammessa al gratuito patrocinio con conseguente prenotazione a debito del C.U., non potrebbe “…essere condannata, in caso di esito negativo della lite, al pagamento di una somma pari al contributo stesso”.
La Suprema Corte, tuttavia, discostandosi dalla predetta relazione, ritiene dovuta la condanna della ricorrente al pagamento del doppio contributo, rilevando che “ …non sono suscettibili di essere impugnate con ricorso per cassazione le parti della sentenza di appello in cui si dà atto della sussistenza o insussistenza dei presupposti per la erogazione dal parte del soccombente di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato”.
Ciò in quanto:
- “…in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato è un atto dovuto, poiché l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione”;
- “…l’obbligo del pagamento del contributo aggiuntivo sorge ipso iure, per il solo fatto del formale rilevamento della sussistenza dei suoi presupposti, al momento stesso del deposito del provvedimento di definizione dell’impugnazione: sicché da quello stesso momento è attivabile pure il procedimento per la relativa riscossione”;
- il capo della sentenza in oggetto non ha contenuto condannatorio né declaratorio, mancando per giunta “…un rapporto processuale con il soggetto titolare del relativo potere impositivo tributario, che non è neppure parte in causa, e quindi irrimediabilmente la carenza di domanda di chicchessia o di controversia sul punto e comunque discendendo il rilevamento da un obbligo imposto dalla legge al giudice che definisce il giudizio”;
- la disposizione in parola conferisce, pertanto, “…al giudice dell’impugnazione il solo potere-dovere di rilevare la sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato, cioè che l’impugnazione sia stata rigettata integralmente, ovvero dichiarata inammissibile o improcedibile”.
Alla luce di quanto sopraesposto, la Corte chiarisce, dunque, che “l’eventuale erroneità della indicazione di sussistenza dei presupposti per l’assoggettabilità all’obbligo di versamento di una somma pari a quella del contributo potrà essere segnalata in sede di riscossione”.
Cliccare qui per il testo del provvedimento: cassazione-civile-sezione-vi-3-ordinanza-n22867-del-9-novembre-2016